Oli aromatizzati, con una marcia in più sul mercato
Un segmento produttivo e commerciale di cui si conosce ancora poco è stato approfondito in ogni minimo particolare. Ecco i dettagli sulle opportunità di mercato e sugli aspetti tecnologici, analitici e normativi.
di Luigi Caricato, Alberto Grimelli
E' stata una giornata di studi stimolante e istruttiva quella che si è svolta a Livorno lo scorso 4 giugno. Un appuntamento molto sentito per l'importanza e la novità. Grazie al lodevole sforzo intrapreso da Federolio di concerto con la Società italiana per lo studio delle sostanze grasse di Milano, oggi sull'argomento oli aromatizzati si è appreso qualcosa in più.
Intanto una certezza: il mercato, soprattutto quello estero, premia gli oli aromatizzati. In secondo luogo, trattandosi di un prodotto per certi versi nuovo, molto ancora è da delineare, soprattutto sul fronte legislativo, mancando ad oggi riferimenti certi e univoci, tranne le indicazioni riguardanti gli alimenti in generale. Tale giornata di studio, pertanto - onore al merito di chi l'ha voluta e organizzata - rappresenta un punto di partenza e colma certamente una grave lacuna.
Ma ecco, nei dettagli, ciò che preme conoscere.
IL MERCATO
Un prodotto che funziona ma che va destagionalizzato
Sono grandi le opportunità per quanti vogliano puntare a crearsi una fetta di mercato. Occorre però tener presente che in Italia, secondo quanto ha sostenuto Domenico Raffone, di AC Nielsen, gli aromatizzati trovano il maggior consenso in particolare nel canale super ed iper, con una media di otto referenze a scaffale. Uno spazio più che ragguardevole, considerando che si tratti di un segmento nuovo.
Prevalgono i piccoli formati
Ad avere maggiore riscontro di gradimento sono i piccoli formati, per lo più con le bottiglie da 250 ml, per un prezzo di circa 4 euro la confezione e in oltre 15 vaiertà di gusto. Ma funzionano bene anche le confezioni da 80 ml, in ogni caso la preferenza la si accorda ai piccoli formati; e d'altra parte non può essere diversamente, visto il genere di prodotto. Gli operatori sono pertanto avvisati. Tutti questi aspetti, quanto mai interessanti, implicano infine una vastità d'offerta davvero considerevole. Anche se c'è un limite da considerare: la concentrazione delle vendite in alcuni periodi specifici dell'anno, con picchi di vendite che si registrano con grande enfasi in luglio (+250%) e in dicembre (+211%). L'impegno di quanti stanno puntando su questo segmento è di destagionalizzare il prodotto, così da farlo diventare - avverte Raffone - un prodotto da tutti i giorni e per tutti.
Certo, non sarà facile, ma nemmeno così improbabile. Si pensi che in alcuni Paesi sono addirittura più interessati a condire i cibi direttamente con gli oli aromatizzati piuttosto che con gli oli di oliva tal quali, nelle varie categorie merceologiche disponibili.
Una crescita in volume e in valore
Comunque, non occorre puntare solo sul canale dei super e degli iper, da qualche tempo a questa parte le tenmdenze dei consumatori stanno cambiando. Si assiste a un ritorno verso i negozi del vicinato, per vari motivi, uno tra i quali i maggiori costi del carburante, che riduce sensiobilmente gli spostamenti, e altre ragioni ancora.
Al di là di tali utili considerazioni, si pensi però al fatto che - piaccia o meno - il prezzo medio al litro degli oli aromatizzati è di quattro volte superiore rispetto alle varie gamme degli oli di oliva. Non solo, rispetto all'anno precendente, il mercato degli aromatizzati sta crescendo del 5,7% in volume e del 2,9% in valore. Certo, poi occorre dire che si tratta di un mercato concentrato, e, quale utile suggerimento per chi non ha ancora presente il grado di preferenze del consumatore, il vero best sellers è, tra tutti, l'olio al peperoncino. A seguire nelle preferenze vi è, in ordine, il tartufo, l'abbinata aglio e peperonicono, il basilico, l'abbinata agli e prezzemolo, eccetera, eccettera. Ulteriori dati sono disponibili consultando l'AC Nielsen. Le ricerche di mercato, si sa, sono uno strumento importante per chi voglia affrontare con successo il mercato. Conoscere significa aver già venduto in parte. In parte, perché i meccanismi di vendita in verità li conosciamo un po' tutti.
Il mercato italiano - ha dichiarato infien nel suo intervento Alissa Mattei - è piccolo, rispetto a quello estero, e per giunta anche frammentato; ed è per questo infatti che i maggiori successi le aziende li ottengono proprio all'estero, ma non è comunque, sia chiaro, non è da sottovalutare nemmeno il mercato interno: si tratta solo di lavorare, con un po' pazienza.
LA TECNOLOGIA
Produzione dell’olio aromatizzato
L’ultima filiera della catena produttiva è rappresentata dal confezionatore che assembla aroma, testimone (il frutto o il tralcio contenuto nell’olio) e infine l’olio, che può essere extra vergine, olio di oliva, olio di semi o una miscela di questi.
Questa fase è probabilmente quella più semplice da gestire, se il confezionatore acquista da terzi i singoli componenti ma è anche assai delicata, perché è in questo momento che si stabilisce, attraverso il dosaggio dell’aroma, l’intensità del flavour del prodotto finale, fattore che risulta importante nelle scelte del consumatore.
Tra le varie analisi che si possono eseguire sul prodotto finale, la valutazione organolettica assume quindi un rilievo di assoluta importanza.
Al contrario di quanto si può immaginare, anche nelle fasi di produzione degli aromi l’analisi organolettica è considerata prioritaria.
Infine, alla fine del processo produttivo aromatico, per valutarne la qualità, ma anche per standardizzare il prodotto, l’unico metodo considerato a tutt’oggi valido, è la valutazione da parte di un panel di assaggiatori appositamente addestrati e allenati.
Questa, tuttavia, è l’ultimo stadio del processo produttivo dell’aroma che può essere creato per via esclusivamente sintetica, oppure creato chimicamente a partire da composti naturali, ovvero estratto direttamente dall’erba/pianta aromatica.
Analizzando quest’ultimo processo, anche perché gli aromi naturali sono quelli preferiti dal consumatore, dobbiamo considerare che è necessario partire da materia prima curata, coltivata secondi i principi dell’agricoltura biologica, e accuratamente selezionata. Una volta raccolta e sanitizzata, processo che descriveremo brevemente in seguito, si potrà passare all’estrazione della droga e quindi alla valutazione della qualità, chimico fisica e organolettica dell’estratto, infine procedere eventualmente alla sua standardizzazione.
Ma come si ottiene l’estratto? Le tecnologie sono molteplici, dall’infusione (generalmente adottata in procedimenti artigianali e casalinghi) per passare alla macerazione o alla percolazione che, sebbene siano processi industriali non così performanti ed efficienti, permettono di salvaguardare al meglio il profilo organolettico dell’aroma di partenza. Il solvente utilizzato nel processo di estrazione è normalmente olio di oliva o extra vergine d’oliva con caratteri aromatici poco o per nulla accentuati.
Le erbe aromatiche utilizzate al fine della produzione degli aromi oppure usate come testimone dovrebbero essere sanitizzate prima di essere utilizzate, questo perché potrebbero avere una carica batterica troppo elevata e una presenza di batteri nocivi (salmonella, escherichia coli…).
Il processo di sanitizzazione può essere effettuato in diversi modi, come con l’ossido di etilene (proibito però nell’Ue ma non in Usa) o con radiazioni ionizzanti, con radiazioni micronde oppure anche mediante trattamento al vapore. Quest’ultimo è generalmente preferito poiché è quello meno invasivo, può durare anche solo 2 minuti con vapore secco a 85 gradi, e preserva meglio i caratteri organolettici originari.
Un caso particolare: olio aromatizzato agli agrumi
Sebbene anche l’olio aromatizzato agli agrumi possa essere prodotto attraverso un processo tradizionale, ovvero l’aggiunta di aroma alla base di olio d’oliva, in alcune regioni e, più in particolare, in alcuni frantoi è uso utilizzare una tecnica alternativa, ovvero quella di aromatizzare l’olio durante la fase di estrazione.
Buccia di limoni e/o arance, oltre che una certa quantità di succo possono essere inseriti in gramola insieme con la pasta d’olive oppure gli agrumi interi possono essere franti, nel caso di impianti con molazze, insieme con le olive. La quantità di bucce e succo, oltre che il momento in cui questi debbono essere miscelati con la pasta d’olive o le olive stesse spesso è un “segreto industriale” del frantoiano che così produce un olio più o meno caratterizzato e aromatizzato.
I punti critici dei processi di produzione di olio aromatizzato
Il primo punto critico è certo la selezione della materia prima, ovvero dell’erba aromatica, che deve soddisfare non soltanto criteri chimico fisici di concentrazione delle sostanza aromatiche ma anche igenico sanitari e, almeno per quanto riguarda il testimone, anche estetici.
Anche la fase di estrazione della droga è molto delicata perché, per quanto sia accurata, si riesce ad ottenere un aroma puro al 98-99%, l’altra parte (1-2%) è composta da altre molecole che, anch’esse, possono influenzare il profilo organolettico complessivo.
Ogni fase di lavorazione può inoltre influire sulla qualità dell’aroma, ovvero sulla sua intensità, complessità, persistenza. Risulta quindi necessario un accurato controllo di processo che preveda, per ogni fase e lungo tutta la filiera, analisi.
Come accennato, nel post raccolta delle erbe aromatiche occorrono analisi chimico fisiche e microbiologiche volte ad accertarne la qualità intrinseca, l’assenza di residui e l’ottemperanza standard igenico sanitari, dopo la fase di sanitizzazione occorrono nuovi controlli microbiologici e chimico fisici, che andranno ripetuti al termine del processo di estrazione della droga, fase nella quale interviene anche la necessità di una valutazione organolettica.
Attraverso l’infusione è possibile produrre anche in casa oli aromatizzati ma certo viene meno il sistema di controlli che rende il prodotto sicuro, almeno sotto il profilo normativo comunitario.
CONCLUSIONI
La grande incertezza? L'assenza di una legislazione dettagliata in materia
Al di là del fatto che non tutti gradiscano gli oli aromatizzati, anche perché, effettivamente, un buon extra vergine in purezza è sempre da preferire in ogni caso e sopra tutto, va però detto che, per un'azienda che voglia stare sul mercato, il prendere in considerazione tale segmento commerciale non è certo un'idea peregrina. Il commercio è il commercio; e , d''altra parte, le preferenze espresse dal consumatore vanno sempre assecondate, nei limiti del possibile.
Poi, come si sa, i nuovi prodotti sono sempre difficili da lanciare, come al solito, ma l'incertezza, in realtà, viene in compenso superata dai buoni riscontri di vendita. Succede sempre così. L'unico neo irrisolto, semmai, resta la questione etichettatura, che rimane, questa sì, un po' indefinita; e anzi, forse si potrebbe più correttamente dire che questo delicato aspetto sia stato totalmente lasciato all'iniziativa e alla responsabilità dei privati, come d'altronde si può ben notare da una certa variabilità delle denominazioni di vendita sugli scaffali.
Per risolvere il problema - suggerisce Paolo Marini, dirigente di Federolio - occorrerebbe sperimentare lo strumento delle linee guida, che di solito funziona e risolve le questioni, offrendo al produttore-confezionatore uno strumento flessibile e, nel medesimo tempo, chiaro e definito nelle indicazioni da seguire.
Occorre dunque impegnarsi - ha aggiunto Marini - nel riconoscere una prassi comune, partendo dalla base delle leggi attualmente in vigore, quelle di carattere generale. Per un riferimento tra tutti, valga l'articolo 4 del decreto legislativo 109 del 1992 sull'etichettatura.
Giuseppe De Giovanni, uno dei massimi esperti in fatto di etichettatura degli alimenti, autore tra l'altro del volume Le etichette dei prodotti alimentari, tranquillizza gli animi: gli unici vincoli che oggi esistono - ha detto - sono di ordine sanitario. I valori che vanno oggi considerati in modo prioritario sono sicurezza, tracciabilità, una materia prima sana e dati mercantili esatti. Quindi, per il resto niente paura. Però, è bene riconoscerlo, la condizione ideale sarebbe quella di disporre di una legislazione chiara e precisa, che non inganni il consumatore.
E' quest'ultimo, infatti, che deve essere tenuto a conoscenza di tutti gli ingredienti, in maniera precisa e dettagliata. Quando non c'è una prassi chiara, non ancora definita, e in assenza dunque di una specifica denominazione merceologica, si dovrà ricorrere alla descrizione del prodotto tal quale, purché questa non tragga in inganno il consumatore.
Non bisogna mai confondere, in particolare, le caratteristiche del prodotto nuovo con le caratteristiche del prodotto ingrediente.
Un uso corretto della denominazione di vendita è fondamentale. Si può pertanto adottare la dicitura "condimento a base di olio extra vergine di oliva", per esempio; oppure, inalternativa, un'altra formula, quella che liberamente vogliamo, purché questa fornisca l'esatta idea del prodotto confezionato, specificando nel dettaglio gli ingredienti presenti.
I principi entro i quali muoversi esistono, vanno solo di volta in volta studiati e applicati.
Il problema - riconosce De Giovanni - è che le aziende si fanno seguire in alcuni casi da falsi esperti. Quando tuttavia sorgono i problemi, gli esperti che sono stati chiamati non ci sono più, si dileguano, e restano le aziende con i problemi ancora da risolvere. Per questo, dunque, è molto importante che vi siano strutture adeguate, come le associazioni di categoria, che curino con la giusta attenzione tali aspetti, soprattutto quelli non ancora normati dal legislatore.
07 Giugno 2008 TN 22 Anno 6